C'è stato un «errore di percezione della situazione» quando il tabaccaio Giovanni Petrali, il 17 maggio del 2003, uccise con un colpo di pistola il rapinatore Alfredo Merlino e ferì al polmone il suo complice, Andrea Solaro, con il quale aveva cercato di mettere a segno un colpo in un bar-tabacchi di piazzale Baracca, a Milano.
È per questo - ed è il presidente della Prima corte d'assise di Milano, Luigi Domenico Cerqua, a spiegarlo dopo la sentenza - che Petrali, 74 anni, è stato condannato a un anno e 8 mesi (pena sospesa) per omicidio colposo, lesioni colpose e porto illegale d'arma, a fronte di una richiesta del pm Laura Barbaini di nove anni e 6 mesi per omicidio e tentato omicidio volontari. Il giudice ha parlato di «legittima difesa putativa».
«Abbiamo valutato tutta la ricostruzione dei fatti - ha spiegato Cerqua - l'importanza delle testimonianze e delle perizie arrivando alla conclusione che ci sia stata una legittima difesa putativa, ossia erroneamente ritenuta, perchè lui in una situazione di provocazione e offesa ingiusta si è difeso agendo in quel modo». Per il pm Barbaini fu una «vendetta personale», anche se le modalità furono «odiose» perchè il tabaccaio fu schiaffeggiato e preso a pugni.
Petrali, a cui è stata riconosciuta l'attenuante della provocazione, ha spiegato: «Pensavo andasse meglio. Dispiace a tutti quello che è successo, le armi meglio lasciarle perdere e tenerle nel cassetto».
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