ITALIANI ALL’ESTERO, VERO ORGOGLIO NAZIONALE

| sabato 28 marzo 2009

Italia dall'Estero: "ITALIANI ALL’ESTERO, VERO ORGOGLIO NAZIONALE.
Mentre il Governo taglia i fondi
1 Dicembre 2008
di Gabriele Mastellarini

Zurigo. Oggi vi parlerò di Mirko e Gaia. E di Mara. Di Patrick, Pinuccia e anche di Nadia. Tutti giovanissimi italiani in Svizzera. Alcuni nati fuori dai confini, figli di emigranti e con un cuore tutto italiano. Altri sono emigrati di recente per trovare all’estero ciò che l’Italia non offre. Gaia e Mara, ad esempio, sono due esempi dei “cervelli” italiani che varcano il confine per fare ricerca scientifica. Già, i “cervelli” nazionali che scappano: se ne parla ogni giorno sui giornali, magari per giustificare qualche provvedimento legislativo. Sinceramente pensavo non esistessero veramente e fossero degli esemplari mitologici oppure delle figure retoriche utilizzate dai giornali per incentivare allo studio. Invece esistono sul serio, in carne e ossa. Puoi parlarci, persino toccarli.

Sono loro il miglior biglietto da visita di questa nostra italietta che racconta solo le gesta di Renzo Bossi, il figlio del Senatùr bocciato per la terza volta alla maturità, mentre non spende una parola su Gaia, 27 anni di Bagheria, oggi ricercatrice a Losanna a studiare il tumore alla pelle.

Non si parla neanche di Mara che da Legnano è arrivata in Svizzera dopo essersi laureata a Milano. Vorrebbe tornare in Italia, ma la Svizzera le ha offerto un regolare contratto di lavoro per fare ricerca, senza nessun concorso. Lì le Università mettono un annuncio, gli studenti di tutto il mondo rispondono, fanno un colloquio e vengono assunti con un salario di circa 2.000 euro e con tutti i diritti di un altro normale lavoratore.

Gaia è incinta, continuerà fino al nono mese a fare il suo dottorato, poi avrà diritto a cinque mesi di matenità, regolarmente retribuiti. In Italia ai dottorandi danno 800 euro mensili, versati quando capita, senza riconoscere nulla. Dimenticavo: Gaia, Mara e gli altri “cervelli” italiani all’estero hanno facce pulite, umiltà da vendere (forse anche troppa…), nessun desiderio di apparire e conoscono benissimo almeno due lingue straniere. Parlano in inglese con gli altri componenti il team di lavoro e in francese con i tecnici dell’Università di Losanna. L’italiano lo “usano” per comunicare con gli altri connazionali. E’ il caso di Mirko, 28enne nato a Zurigo da madre pugliese, ricercatore sempre a Losanna dove si occupa di batteri nocivi per l’uomo. A lui l’Italia non ha dato nulla in termini di formazione, non ha offerto un’occasione di lavoro né di studio, eppure Mirko di svizzero-tedesco ha solo l’accento un po’ bolzanino, quello che ti fa dire “penzione” anzichè pensione. Il suo modo di pensare, di comportarsi, di agire è rigorosamente italiano. Come il suo cuore. Legge giornali italiani. Libri italiani. Guarda in tv il commissario Montalbano e tifa Italia ai mondiali. Insieme agli altri amici (come Patrick che di lingue ne parla cinque) si è inventato il sito www.italiadallestero.info, dove vengono tradotti gli articoli della stampa mondiale che parlano dell’Italia. Mirko, Gaia, Mara e gli altri non hanno bisogno di queste “versioni”, perchè loro le lingue le conoscono sul serio. Eppure lo fanno gratuitamente solo per amore dell’Italia. E quel sito in pochi mesi ha già più di 10.000 accessi mensili, oltre 50 collaboratori ed è organizzato come una macchina perfetta (doppio controllo per ogni traduzione, provare per credere), quasi fosse fatto a tempo pieno e lautamente pagato. Mentre è fatto per passione nelle poche ore disponibili fuori dall’Università.

La stessa passione che vedi negli occhi di Pinuccia e Nadia, di stanza a Casa Italia, l’edificio di Zurigo dove campeggia il tricolore. Lì c’è una scuola per bambini, si organizzano eventi e “fanno il caffè più buono di tutta Zurigo”, mi confida Walter De Gregorio, uno dei giornalisti più importanti in Svizzera. Nato nel Cantone di Agrovia da genitori italiani (papà di Benevento e mamma di Treviso). Walter ha 43 anni ed è responsabile dei contenuti sportivi del gruppo “Blick”, tra i più importanti in Svizzera. In passato, De Gregorio ha girato il mondo come reporter per il quotidiano elvetico ”Weltwoch” e per cinque anni (dal 2000 al 2005) è stato anche corrispondente in Italiaper il tedesco “Die Zeit”. “Ho preso il passaporto svizzero appena sei mesi fa”, mi confida mentre lo guardo basito. Ma a lui cosa ha dato il Belpaese? Nulla. Eppure Walter si sente più italiano di molti dei nostri politici. “Per me l’Italia parte da Roma e arriva fino al profondo Sud”, confida toccandosi il cuore. Walter è stato invitato per un evento a Casa Italia più di un mese prima, ha risposto dopo pochi minuti con una e-mail e si è presentato al giorno prefissato senza chiedere ulteriori telefonate. In Italia, se si invita un giornalista del suo calibro a una serata è necessario “corteggiarlo” per mesi e mesi con telefonate e lettere, con il rischio che, all’ultimo momento, dia “buca”. “So come si comportano i colleghi italiani - ammette Walter - ma qui è diverso”.

A “Casa Italia” puoi incontrare anche Antonio, nato a Zurigo e oggi importante riferimento di una multinazionale britannica delle telecomunicazioni. “Quando vado agli incontri con altri manager europei e si parla solo in inglese, quelli italiani mi danno un colpetto di gomito e mi chiedono: ma che ha detto?”, confida sorridente. “Se in Svizzera sparissero gli Italiani, il livello economico e sociale di questo Paese scenderebbe sotto lo zero”, ma quando gli chiedo se vuole tornare in Italia lui sorride e replica: “No, grazie, resto qui, ma il mio cuore è dall’altra parte delle Alpi”. La sorella di Antonio (della quale, colpevolmente, non ricordo il nome) ha scelto di tornare nella sua Catania dove è praticante avvocato in un importantissimo studio. “Scuole in Svizzera, ma Università in Sicilia dove spero di poter restare, anche se di occasioni per emergere ce ne sono molto poche rispetto a qui”, ammette con un pizzico di amarezza.

Percorso inverso per Nadia, un’abruzzese a Zurigo: “Nata in Svizzera, liceo a Teramo e da cinque anni impiegata a Casa Italia”, racconta addentando una pizza in una delle tante serate con gli amici italiani, mentre Pinuccia si dà da fare per organizzare l’ennesimo evento tricolore a Zurigo. Insieme ad altri fa parte del gruppo giovani del Comites, il Comitato degli Italiani residenti all’estero, autentico punto di riferimento per i connazionali in Svizzera.

“Eppure il Governo di Roma ci ha tagliato i fondi quest’anno”, mi spiega Giangi Cretti direttore della Rivista della Camera di Commercio di Zurigo. Gli dico che in Italia non ne ha parlato nessuno e lui risponde: “Lo so benissimo, mentre qui tutti i giorni ci sono manifestazioni di protesta davanti ai vari consolati. Anzi è venuto il sottosegretario Mantica e ci ha detto che questo è solo l’antipasto”. Quei fondi servono per finanziare attività scolastiche e, vi assicuro, che a Casa Italia non ci sono sprechi e anche ogni piccola spesa viene minuziosamente controllata. Ma a quanto ammontano i tagli? “Circa 30 milioni di euro”, risponde Cretti. Una cifra irrisoria. Ma invece di tagliare sugli stipendi dei parlamentari si pensa a ridurre la scuola italiana fuori dai confini. Nonostante tutto, continuano ad essere fieri dell’Italia e chi li ha conosciuti si è sentito, per una volta nella vita, orgoglioso di essere italiano. Per farlo è bastato andare all’estero.

Articolo originale sul BloGiornale di Gabriele Mastellarini"

Berlusconi ha dichiarato al fisco dieci volte in meno nel 2007 rispetto al 2006 | Italia dall'Estero

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Berlusconi ha dichiarato al fisco dieci volte in meno nel 2007 rispetto al 2006

Pubblicato lunedì 23 marzo 2009 in Spagna

[El Paìs]

Il magnate ha guadagnato 14 milioni rispetto ai 139 milioni dell’anno precedente

Nel 2007 Silvio Berlusconi, primo ministro italiano, ha dichiarato 14,5 milioni di euro al fisco italiano, quasi dieci volte in meno rispetto al 2006, anno in cui registrò un patrimonio di 139.245.570 euro. L’enorme differenza rappresenta la maggiore sorpresa delle dichiarazioni di reddito dei quasi mille parlamentari italiani, pubblicate ieri. Nel 2005, il reddito del Cavaliere era di 28 milioni. Interrogato su questa differenza Marco Ventura, portavoce del primo ministro per la stampa estera, non ha saputo spiegarne il motivo.

Nonostante ciò Berlusconi, che ha pagato un’imposta lorda di 6,2 milioni di euro, continua ad essere di gran lunga il leader politico più ricco. A seguire c’è Walter Veltroni, capo dell’opposizione e leader del Partito Democratico fino al mese scorso. Veltroni, scrittore di successo, ha dichiarato 477.788 euro, mentre il suo successore, Dario Franceschini, non arriva alla metà, 220.419.

Il leader “più povero” della Camera, con 105.633 euro, è Gianfranco Fini, della estinta Alleanza Nazionale. Tra gli altri capigruppo, il democristiano Pier Ferdinando Casini (142.130 euro), supera di poco quello della Lega Nord Umberto Bossi (134.450 euro). L’ex giudice Antonio di Pietro (Italia dei Valori), dichiara 218.000 euro.

Al Senato il più ricco è l’oncologo Umberto Veronesi, con un reddito di 1,6 milioni, 19 terreni e una Jaguar. Tra gli attuali ministri, il più benestante è quello dell’Economia Giulio Tremonti: più di 4,5 milioni di euro.

Case, automobili e barche

La dichiarazione di Berlusconi è stata accolta dalle pagine web con ironiche collette titolate “Povero Silvio” (in italiano nel testo, N.d.T.). La gran parte del suo patrimonio immobiliare si trova a Milano, cinque appartamenti e due garages. Inoltre, confessa di essere proprietario di un terreno ad Antigua (Caraibi), di una Mercedes 600, di un’Audi A6 e di tre barche.

Per quanto riguarda le partecipazioni, il Cavaliere possiede 5.174.000 azioni di Dolcedrago (che amministra i suoi grandi possedimenti, dalla villa di Arcore e Macherio a quelle in Sardegna e a Roma), 4,2 milioni di titoli della Fininvest (il gruppo mediatico-editoriale-calcistico), e quasi nove milioni di azioni delle società proprietarie di Fininvest, chiamate Holding Italiana Prima, Holding Italiana Seconda, Holding Italiana Terza e Holding Italiana Ottava.

[Articolo originale di MIGUEL MORA]


Italia dall'Estero

Vedi Napoli e poi vivi

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Una dimostrazione senza precedenti: 150.000 persone manifestano nella città italiana contro la mafia

Roma - Quando dal palco degli oratori ha iniziato a parlare Alessandra Clemente, su Piazza del Plebiscito a Napoli è calato il silenzio. “Benvenuti nella mia città” ha detto la ragazza sabato alle decine di migliaia di persone presenti. “Mia madre era Silvia Ruotolo. Quando la camorra l’ha uccisa, nel 1997, aveva solo 39 anni. E’ stato un assassinio folle, criminale, senza alcuna logica”. La madre aveva avuto la sfortuna di incappare in una sparatoria mentre rientrava a casa. “Vorremmo eliminare la rabbia, ma è impossibile. Però possiamo trasformarla in impegno, perché abbiamo il dovere di credere che le cose possano cambiare.”

Normalmente, negli ultimi anni, Napoli ha fatto parlare di sé come città della mafia, dei rifiuti e della miseria. Questo fine settimana invece si è presentata come città della speranza. Circa 150.000 persone provenienti da tutta Italia e da molti altri Paesi si sono riuniti sul Golfo, ai piedi del Vesuvio, in una delle più imponenti manifestazioni anti-mafia che l’Italia abbia mai visto. 30.000 erano solo gli studenti di 1500 scuole della Campania, regione messa in ginocchio dalla mafia, poi c’erano centinaia di parenti delle vittime, politici di sinistra e di destra, generali dei Carabinieri, semplici poliziotti, avvocati, scrittori, intellettuali. Molti hanno portato con sé le foto di quelli che sono morti. Altri si sono appesi dei cartelli al collo con scritto: “La camorra non serve a niente”.

Quest’anno l’organizzazione anti-mafia “Libera” di don Luigi Ciotti aveva scelto Napoli per ricordare le vittime della criminalità organizzata. Perché questo è il regno dei clan di camorra che si fanno la guerra tra loro lasciando sul terreno decine di morti ogni anno, che estorcono il pizzo per la protezione alla maggior parte dei negozianti, che si infiltrano nel mondo politico e amministrativo, che mettono insieme un bottino enorme sfruttando il traffico di droga, i prodotti contraffatti, la corruzione nel settore edile, il traffico di armi e lo smaltimento illegale dei rifiuti. La camorra è una delle più potenti e pericolose organizzazioni criminali in Italia, insieme alla ‘ndrangheta in Calabria, a Cosa Nostra in Sicilia e alla Sacra Corona Unita in Puglia. Secondo la Commissione parlamentare anti-mafia, che ha sede a Roma, le quattro organizzazioni hanno un giro d’affari di almeno 100 miliardi di euro all’anno. In questo periodo i clan approfittano anche della crisi economica generale e della scarsità di capitali, sfruttandole come occasioni per riciclare il denaro sporco.

La manifestazione di Napoli si è trasformata in un fortissimo “No” contro questo mondo sommerso. I partecipanti hanno sfilato per ore fino a raggiungere il luogo di ritrovo, piazza del Plebiscito. Qui don Ciotti si è rivolto ai mafiosi: “Fermatevi, ma che vita è la vostra? Ne vale la pena? Vivete in clandestinità o in carcere e se avete dei beni, prima o poi noi ve li confischiamo tutti, ve li portiamo via tutti.” Al termine, diversi oratori hanno letto ad alta voce i nomi delle 900 vittime di mafia, tra cui sacerdoti, imprenditori, poliziotti, politici, sindacalisti, giornalisti, ma anche donne e bambini capitati per caso sotto il tiro della camorra.

Tra le persone che hanno letto i nomi delle vittime è comparso, inaspettato, anche lo scrittore Roberto Saviano. Dalla pubblicazione del suo bestseller “Gomorra” vive nascosto, sotto costante scorta di polizia. Da tre anni non rientrava nella sua città, Napoli. Ha definito la grande manifestazione proprio nel cuore del terrirorio della camorra “un evento epocale”. Lo stesso hanno pensato molti dei manifestanti anti-mafia. “Vede tutti questi ragazzi? Loro sono il futuro dell’Italia”, ha detto un uomo dalla lunga barba bianca che è arrivato con la sua famiglia. Ma Alessandra Clemente, figlia della donna uccisa dalla camorra, ha detto che oggi, finalmente, può dire: “Grazie, Napoli”.

[Articolo originale di Stefan Ulrich]

[Italia dall'Estero]



Vedi Napoli e poi vivi

ASCOLTI TV: 8,3 MLN SPETTATORI SUI CANALI SKY

| domenica 15 marzo 2009

ASCOLTI TV: 8,3 MLN SPETTATORI SUI CANALI SKY


(ASCA) - Roma, 15 mar - Ieri, sabato 14 marzo, sono stati 8.306.049 gli spettatori unici che hanno seguito i canali della piattaforma Sky.

Nell'intera giornata i canali della piattaforma Sky hanno raccolto uno share medio del 9,7% (12,5% nel target commerciale 15-54 anni).

Se si aggiungono i canali satellitari ricevibili attraverso il decoder Sky (esclusi tutti i principali canali gratuiti generalisti, come Raiuno, Raidue, Raitre, Canale 5, Retequattro, Italia 1 e La7), lo share delle 24 ore sale al 11,1% (12,5% se si considera il target commerciale 15-54 anni).

In prime time l'audience media dei canali Sky e' stata di 2.398.801 spettatori medi, con il 9,5% di share. Il dato sale a 2.666.854 spettatori medi con il 10,5% di share se si considera il satellite*.

Tra le 9 e mezzogiorno, lo share dei canali della piattaforma Sky e' stato del 13% mentre nel pomeriggio tra le 15 e le 18 e' stato del 12,8%. Per quanto riguarda il satellite*, lo share e' stato del 15,5% tra le 9 e le 12 e del 14,9% nel pomeriggio tra le 15 e le 18.

Nella fascia preserale, tra le 18 e le 20.30, i canali Sky hanno registrato uno share del 9,8%, mentre il satellite* dell'11,3%. In seconda serata, tra le 22.30 e le due di notte, lo share raccolto dai canali della piattaforma Sky e' stato dell' 8,3% e il dato di share sale al 9,4% se si considera il satellite*.

Anche ieri, Sky, con i suoi oltre 130 canali, ha offerto ai suoi abbonati una scelta amplissima in tutti i campi.

Nell'intera giornata sono stati i canali Fox (3.971.541) ad ottenere il maggior numero di contatti, seguiti dai canali Sky Sport e Sky Calcio (3.881.625)e Sky Cinema (3.329.444).

Poi i canali Rai Sat (2.121.059), Sky Vivo e Sky Show (2.075.951) e i canali Discovery (1.545.434).

In prime time, sono stati i canali Sky Sport e Sky Calcio ad ottenere il maggior numero di contatti (2.797.483), seguiti dai canali Fox (1.089.675) e i canali Sky Cinema (1.001.174).

Poi Sky Vivo e Sky Show (560.634), i canali Discovery (308.499) e quelli Rai Sat (301.213).

Sui canali Sport e Calcio, si segnalano i due anticipi della ventottesima giornata del Campionato Italiano di Serie A: il Juventus-Bologna, in onda dalle 20.30 su Sky Sport 1, Sky Sport 16:9, Sky Calcio 1 e Sky Sport HD1, ha raccolto un ascolto medio complessivo di 1.347.010 spettatori con il 5,32% di share (2.691.823 i contatti unici). Il pre partita (in onda dalle 20.00 sempre su Sky Sport 1, Sky Calcio 1, Sky Sport 16:9 e Sky Sport HD1) e' stato seguito nel complesso da 317.422 spettatori medi, mentre il post partita (in onda dalle 22.30 sugli stessi canali) ha raccolto un ascolto medio complessivo di 448.252 spettatori.

Nel pomeriggio, Cagliari-Genoa, in onda dalle 16.00 su Sky Sport HD1 e Sky Calcio 1, ha avuto un'audience media complessiva di 466.794 spettatori con il 3,17% di share (1.226.133 contatti unici e 51.581 spettatori medi complessivi per il prepartita dalle 15.45 sugli stessi canali).

Per quanto riguarda il calcio internazionale, si segnalano due match di Premier League ''Manchester Utd - Liverpool'': in onda dalle 13.45 su Sky Sport 1, Sky Calcio, Sky Sport HD1 e Calcio 2 e' stato visto in media da 275.716 spettatori medi complessivi e ''Arsenal - Blackburn'' in onda dalle 16 e' stata seguita in media complessiva da 110.319 spettatori.

Inoltre, nell'intera giornata, il canale all news Sky Sport24, ha raccolto 1.475.819 contatti unici.

Sui canali Cinema, il film ''Robin Hood - Il principe dei ladri'', in onda dalle 21 circa su Sky Cinema Family, e' stato scelto da 132.003 spettatori. Su Sky Cinema 1 e Sky Cinema+1, ''Alvin superstar'', in onda dalle 21 circa, e' stato seguito nel complesso da 159.468 spettatori medi.

Sui canali Fox, in evidenza un episodio dei ''Simpson'', in onda su Fox e Fox+1, scelto in media complessiva da 199.832 spettatori; su Fox Crime e Fox Crime+1 si segnala un episodio di ''C.S.I. Miami'', in onda dalle 22.55 circa, seguito da 138.315 spettatori medi complessivi.

Tra le proposte di mondi e culture, l'appuntamento con il documentario ''Michelangelo: una passione eretica'', in onda dalle 14.20 circa su History Channel e History Channel+1, e' stato seguito da 22.497 spettatori medi complessivi.

Nel corso della giornata, le news di Sky TG24 e Sky Meteo 24 hanno raccolto 1.813.127 contatti unici. A questi vanno aggiunti gli spettatori che hanno seguito i programmi disponibili su SKY nelle oltre 160.000 stanze d'albergo.- Agenzia di stampa Asca

Rapinatore ucciso, tabaccaio condannato solo a 20 mesi

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C'è stato un «errore di percezione della situazione» quando il tabaccaio Giovanni Petrali, il 17 maggio del 2003, uccise con un colpo di pistola il rapinatore Alfredo Merlino e ferì al polmone il suo complice, Andrea Solaro, con il quale aveva cercato di mettere a segno un colpo in un bar-tabacchi di piazzale Baracca, a Milano.





È per questo - ed è il presidente della Prima corte d'assise di Milano, Luigi Domenico Cerqua, a spiegarlo dopo la sentenza - che Petrali, 74 anni, è stato condannato a un anno e 8 mesi (pena sospesa) per omicidio colposo, lesioni colpose e porto illegale d'arma, a fronte di una richiesta del pm Laura Barbaini di nove anni e 6 mesi per omicidio e tentato omicidio volontari. Il giudice ha parlato di «legittima difesa putativa».

«Abbiamo valutato tutta la ricostruzione dei fatti - ha spiegato Cerqua - l'importanza delle testimonianze e delle perizie arrivando alla conclusione che ci sia stata una legittima difesa putativa, ossia erroneamente ritenuta, perchè lui in una situazione di provocazione e offesa ingiusta si è difeso agendo in quel modo». Per il pm Barbaini fu una «vendetta personale», anche se le modalità furono «odiose» perchè il tabaccaio fu schiaffeggiato e preso a pugni.

Petrali, a cui è stata riconosciuta l'attenuante della provocazione, ha spiegato: «Pensavo andasse meglio. Dispiace a tutti quello che è successo, le armi meglio lasciarle perdere e tenerle nel cassetto».


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Matrix affidato a De Filippi, volto del Tg5

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Enrico Mentana e Mediaset sono sempre più lontani. Il giornalista non fa marcia indietro: rivendica la scelta delle dimissioni da direttore editoriale, subito accettate dall'azienda: «Se uno prende una decisione in proprio, ci mette la faccia e la firma, poi non deve temere le reazioni».


Giuseppe De Filippi, conduttore Tg5 Ma anche l'azienda tira dritto: Matrix - annuncia il direttore generale informazione Mauro Crippa - tornerà in onda dopo Sanremo con un nuovo conduttore. Già ma quale potrebbe essere. I nomi che sono girati ieri sono quelli di Maurizio Belpietro, Tony Capuozzo, Claudio Brachino, Giuliano Ferrara. Ma con tutta probabilità l'uomo scelto dall'azienda per riprendere Matrix il 23 febbraio, subito dopo Sanremo, è Giuseppe De Filippi, conduttore del Tg5. Un «interno» dunque, come già si ipotizzava nei giorni scorsi.

Ma le dimissioni di Mentana e la sua sostituzione non sono l'unico elemento che movimenta il mercato editoriale. I prossimi spostamenti potrebbero essere quelli dell'attuale direttore di «Panorama» Maurizio Belpietro, a direttore del Tg5, mentre Clemente Mimun potrebbe a sua volta spostarsi sulla poltrona di direttore del Tg1. E a questo punto Gianni Riotta potrebbe spostarsi sulla poltrona di direttore del «Corriere della Sera» mentre Paolo Mieli, per concludere il giro di Domino, andrebbe a occupare un posto di vertice a Sky.

Per Mediaset, comunque, la vicenda Mentana è chiusa: «Con il suo atteggiamento ha sconfessato pubblicamente l'azienda e in questo modo si è messo fuori dalla sua logica», ha ribadito ieri Crippa. «Si può anche litigare, non essere d'accordo sulle decisioni, ma l'errore di Enrico è stato di portare queste contraddizioni all'esterno». Anzi, a dispetto dell'ira di Mentana e delle sue accuse di insensibilità, Crippa sottolinea che «hanno prevalso scelte più razionali che si sono rivelate lungimiranti», come dimostrano gli ascolti da record del Grande Fratello.

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El pueblo hermano de Palestina

| domenica 1 febbraio 2009

Gold Market, Gaza CityImage via Wikipedia

Solidariedad con el pueblo hermano de Palestina”

Nel giorno della memoria….per non dimenticare l’olocausto palestinese

Il 27 gennaio in tutto il mondo si ricorda l’olocausto del popolo ebraico. Una pagina orribile della storia del novecento, che ha segnato la vita ed i ricordi di milioni di persone. Negare la Shoah ”e’ un crimine che dovrebbe diventare un reato perseguibile dalla legge” questo è quanto ha dichiarato, a margine della presentazione a Roma delle iniziative per la Giornata della Memoria, il presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna.

Sono pienamente d’accordo!! E chi non lo sarebbe davanti alla ferocità e alla bestialità perpetuata scientificamente dal Regime Nazista durante la seconda Guerra Mondiale, contro il popolo ebraico, contro il popolo rom, contro gli omosessuali e contro gli avversari politici del nazifascismo.

Eppure, sembra che nessuno faccia attenzione ad un altro olocausto che prosegue nel silenzio generale, da oltre 60 anni. E’ quello del popolo palestinese, costretto a vivere in una piccola prigione all’aria aperta nella quale chi vi è dentro, non ha la possibilità di un’ora d’aria perché potrebbe risultare fatale.

In questo 27 gennaio 2009, a Quito, si è voluto ricordare ciò che è accaduto dal 1948 ai giorni nostri in Medioriente e ciò che sta accadendo oggi nella Striscia di Gaza. A chiamare gli studenti a riflettere su tale tragedia ci ha pensato il Movimento Socialista Bolivariano. Un’organizzazione politica nata circa 13 anni fa in Ecuador, ancor prima dell’avvento del Comandante Chávez in Venezuela. L’incontro pro – Palestina, dal titolo “Solidariedad con el pueblo hermano de Palestina”, si è tenuto presso l’Auditorium della Facoltà di Comunicazione Sociale dell’Università Centrale di Quito.

Non appena entro in sala, noto qualcosa che richiama l’attenzione del pubblico: è un grande schermo che proietta le immagini crudeli e feroci del genocidio subito dal popolo giudeo, quelle stesse immagini viste innumerevoli volte nei documentari o nei film proiettati dalla televisione italiana come “Schindler’s list” la storia vera dell’industriale tedesco che salvò più di mille ebrei, L’affare Perlasca la coraggiosa azione dell’italiano Perlasca che salvò a Budapest migliaia di ebrei ed ancora La vita è bella che affronta la tragedia con la struttura di una favola, caratterizzata quindi da una forte differenziazione tra bene e male.

Qualcosa mi dice che c’è stato un tentativo sublime di voler comparare i due olocausti. Forse si è voluto comunicare che quanto subito oltre 60 anni fa dal popolo ebraico è lo stesso che subisce oggi il popolo palestinese?

I relatori si susseguono con grande con grande rispetto. È evidente la voglia di testimoniare, di raccontare, di denunciare o semplicemente di ripercorrere storicamente gli ultimi decenni del conflitto più lungo, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Ma quando sale sul palco Nader Aberdrabo, membro della Comunità Palestinese in Ecuador, non c’è più scampo per le analisi fredde e scientifiche, non hanno spazi quegli sproloqui intellettualoidi di chi vive tale conflitto seduto in poltrona.

Non ci sono più mezzi termini per raccontare le atrocità subite dal popolo palestinese da oltre 60 anni. Nader ci va duro quando afferma:

“Viviamo sotto l’assedio di uno Stato fascista, razzista e segregazionista. Il Nazismo, il Fascismo ed il Sionismo sono per me la stessa cosa. La guerra è un atto illegale che produce danni collaterali irreversibili, soprattutto tra i civili. La pace per il popolo palestinese e israeliano è indispensabile ma la nostra resistenza è fondamentale. I Governi di Stati Uniti e dell’Unione Europea avallano e accettano l’invasione militare d’Israele e dobbiamo constatare che la maggior parte dei mass – media sono a favore del Governo Israeliano. Nei fatti coprono mediaticamente il conflitto militare ed ideologico perpetuato da Israele, sono tutti allineati al pensiero unico.

Leggevo in questi giorni alcuni giornali statunitensi e nessuno citava ciò che accadeva realmente in Medioriente a parte il Magazine NEWSWEEK che in un editoriale ricordava del conflitto israelo – libanese dell’anno scorso, tralasciando qualsiasi riferimento di carattere storico.

L’intervento militare israeliano è sproporzionato rispetto alla resistenza del popolo palestinese. Subiamo la caduta, sulle nostre case e teste, di bombe al fosforo bianco, di bombe a grappoli, di sparatorie sommarie su donne e bambini. E’ una codardia. I mass - media fanno passare per terroristi coloro che non sono. Io mi e vi chiedo:

Chi è che occupa illegalmente dal 1948 i territori palestinesi? Chi è che non ha mai rispettato nessuna Risoluzione dell’ O.N.U.? Chi è che bombarda le case dei civili palestinesi?

Chi è che incarcera e detiene sommariamente i nostri fratelli palestinesi? Chi è che non permette ai palestinesi di usufruire d’ acqua potabile, di viveri di prima necessità e di farmaci? Chi è che non lascia passare gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza? Chi è che ostacola quotidianamente il libero passaggio di persone e merci all’interno dei nostri territori? Chi è che ha costruito il muro? Chi è che inquina le nostre falde acquifere con radiazioni chimiche? A tutte queste domande troverete sempre la stessa risposta: ISRAELE. E allora chi sono i terroristi?

E quanti sono i conflitti vissuti in questa terra bella e martoriata dal 1948 ad oggi? Vedrete che ognuno è stato segnato da tragedie ed atrocità che non riscontrerete in nessun altro conflitto contemporaneo.

Noi oggi tutti lottiamo uniti contro il nemico storico israeliano. Tutte le frazioni sono unite. Io personalmente vorrei che la Palestina sia laica e democratica ma libera dall’oppressione nazista israeliana.

Si parla della diaspora del popolo ebraico. Bene la diaspora del nostro popolo non è certamente da sottovalutare. Oggi nel mondo migliaia di rifugiati palestinesi scappano dalla Palestina inseguendo la pace in molte parti del Mondo; dal vicino Medioriente, all’Europa, agli Stai Uniti ed anche qui in America Latina. Basta con questo massacro. Vogliamo vivere in pace insieme ai fratelli israeliani che lottano per la pace nel loro Paese”.

L’applauso è scrosciante e l’emozione è palpabile mentre continuano a scorrere le immagini crude dei bambini palestinesi martoriati e malformati, magari dopo l’ennesimo bombardamento.

Dopo averlo ascoltato incontro Nader che mi racconta delle sue visite, a Roma, a Bologna e ad Ancona alcuni anni fa per testimoniare direttamente di quanto avviene in Palestina.

Mi saluta con un “Arrivederci” mostrando energicamente il suo pugno chiuso, mentre da lontano una bandiera palestinese sventolava con su scirtto “Gloria al pueblo Palestino”.

Davide Matrone
Quito 27 gennaio 2009

[Gennaro Carotenuto]

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Napolitano si offende, ma Di Pietro ha perfettamente ragione

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Giorgio Napolitano

Image via Wikipedia

Se affermo che la Repubblica garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, non esiste alcun motivo che giustifichi una disparità di trattamento tra ragazzi italiani e figli di immigrati. Tradotto in termini costituzionali, questo vuol dire che non c’è governo che possa imporre a un insegnante di entrare in una classe composta ope legis da soli bambini stranieri o di accettarne una formata solo da italiani perché ne sono stati esclusi i figli di immigrati. Una legge che sancisce discriminazioni di questa natura è semplicemente - e tragicamente - razzista e ripugna alla mia coscienza di uomo libero e civile.

Il Presidente Napoletano si offende se l’on. Di Pietro gli fa notare che ci sono provvedimenti che non andrebbero sottoscritti. Eppure ci sono.
Di Pietro ha ragione: non vanno firmati, a costo di dimettersi.
Un governo come quello attualmente guidato da Berlusconi, che approva a colpi di maggioranza leggi di questo genere, non viola solo palesemente uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione, ma fa carta straccia di tutti gli articoli che riguardano la pari dignità sociale, l’uguaglianza fra le razze, le lingue, le religioni, il dovere dello Stato di educare, istruire e formare i cittadini gratuitamente. Napolitano lo sa certamente meglio di me, ma Salvemini l’ha insegnato a tutti: "La prova migliore del valore di una libera Costituzione è la misura in cui provvede alla protezione delle minoranze".
Ci sono verità che vanno dette e nessuno può trincerarsi dietro la "forma" quando in discussione è la tenuta democratica del Paese. Questo governo ignora volutamente - e apertamente disprezza - lo spirito della carta Costituzionale e i vincoli che essa pone al potere esecutivo.

Nonostante l’accorato appello venuto dal mondo della scuola, Napolitano ha ritenuto di dover firmare senza battere ciglio la legge Gelmini che nell’impianto, nella filosofia che l’ispira, negli effetti concreti che produce, cancella brutalmente non solo l’articolo nove di quella Costituzione di cui il Presidente della Repubblica è supremo garante, impedendo lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica, ma ignora i principi che ispirano gli articoli 33 e 34: quelli che disegnano in maniera vincolante il sistema formativo del Paese.
A Napoli, città natale di Giorgio Napolitano, nel corso di un celebre processo politico costruito ad arte a fine Ottocento con l’intento di equiparare il dissenso alla sovversione e imbavagliare così ogni tipo di opposizione, Giovanni Bovio, principe del foro e maestro di democrazia, in modi forse meno impulsivi e con parole più raffinate di quelle usate dall’onorevole Di Pietro, invano ricordò ai giudici il dovere dell’imparzialità e della neutralità politica. Quei magistrati non vollero ascoltarlo e aprirono così la via a Crispi e ad una delle pagine più buie della nostra storia. Ai lavoratori imputati, cui la reazione e la condizione di imputati negavano diritto di parola, Bovio, seppe e volle dar voce con accenti e toni che vale la pena riprendere:

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